Italia, un’impronta ecologica da ridurre

L’Italia fa parte dei paesi del Mediterraneo che, oltre a trovarsi in una situazione di debito ecologico, deve affrontare anche un periodo di crisi economica che dura da troppo tempo. Ed è in questo scenario che entrano in gioco la dinamica e la volatilità dei prezzi.

Dal 1961 al 2004, l’impronta ecologica di ogni singolo cittadino italiano è passata da 2 a 5 ettari globali, facendo registrare più di un raddoppio. La domanda pro capite di risorse naturali nel nostro Paese continua ad aumentare ed è tra le più elevate di tutta Europa. Nel corso degli anni dal 2005 al 2010, l’impronta ecologica pro capite è diminuita ed è scesa fino a 4,5 ettari a persona. Tuttavia, questa sostanziale riduzione non nasce da una serie di oculate politiche ambientali, ma da un incremento dei prezzi e dalla crisi finanziaria. La situazione italiana è molto simile, ad esempio, a quella di Grecia e Spagna.

Numerose sono le scelte che possono essere intraprese dalle varie nazioni con lo scopo di promuovere uno sviluppo ecosostenibile nonostante risorse naturali piuttosto limitate. Tutto ciò è dovuto alla manovra di ingenti bilanci finanziari e di numerose decisioni dal punto di vista infrastrutturale. L’impronta ecologica dei cittadini italiani è dovuta soprattutto ai consumi alimentari e domestici e al settore della mobilità. Il primo passaggio da effettuare dovrebbe riguardare una riforma delle politiche in questi tre campi, in grado di diminuire la dipendenza dalle risorse naturali e rilanciare l’economia. L’Italia è un Paese dalla grande tradizione agricola, ma importa numerosi prodotti da altri territori, come ad esempio cereali e carne dalla Francia e frutta e verdura dalla Spagna. La maggior parte di questo cibo viene sprecato e questi sprechi dovrebbero essere ridotti al minimo, rilanciando la produzione agricola e producendo sempre più cibi biologici.

Per ciò che concerne al settore domestico, siamo vittime di una società nella quale utilizziamo materiali per creare oggetti subito gettati via, così come ci ricorda anche il geologo Mario Tozzi. Persino la plastica viene adoperata ogni giorno per imballaggi e la fabbricazione di prodotti che nella maggior parte delle occasioni vengono usati poche volte. Si possono creare politiche atte alla diminuzione degli imballaggi e alla produzione di prodotti riparabili e riutilizzabili, con elevate possibilità di riciclo. Fondamentali sono il risparmio e l’efficienza dal punto di vista energetico. Inoltre, parlando del settore dei trasporti, avremmo bisogno di misure che intendano favorire i mezzi pubblici rispetto a quelli privati, oltre che di investimenti nel settore che mira alla ricerca dello sviluppo di combustibili alternativi e di tecnologie moderne per produrre energia elettrica. Questa serie di politiche è attualmente poco considerata dal governo.

Nel corso degli ultimi anni, si sente parlare molto della cosiddetta economia circolare e, con un po’ di voglia di osare, si può proporre un sistema moderno per ridurre l’impronta ecologica italiana. Un metodo che può favorire anche il rilancio economico e che ha il fine di svolgere una forte riconversione agricola del sistema economico italiano. In questo modo, i terreni agricoli servirebbero per produrre cibo (e quindi rivalutare le eccellenze alimentari), combustibili (come ad esempio il bioetanolo e i biocombustibili derivanti da scarti forestali ed agricoli) e di plastiche alternative (a base di amidi, cellulose e oli vegetali).

Leave a Reply