Case in legno: i numeri di un fenomeno tutto green.

Sono sempre più le persone che decidono di dare una svolta green alle loro abitudini di vita a partire dalle proprie esigenze abitative. Maggior attenzione verso gli sprechi di energia, maggior interesse verso le fonti rinnovabili anche grazie alla legislazione italiana che negli ultimi anni si sta muovendo verso un concetto di “abitare” molto più sostenibile. Non c’è da stupirsi pertanto se sempre più italiani si dimostro interessati a quelle che sono le tematiche della bioedilizia ed in particolare verso le abitazioni in legno.

L’azienda Friul Wood House che realizza case in legno ad Udine e provincia ci illustra quali sono i numeri in Italia per questo fenomeno.

In Italia attualmente 12 edifici su 100 sono realizzati in legno. Il doppio rispetto al 2013, ma ancora troppo poco rispetto ad altri paesi europei. In Austria per esempio le case in legno raggiungono l’30% per non parlare della Scandinavia dove (grazie anche all’abbondanza di legname) toccano la quota record dell’80%.

Case in legno attualmente è sinonimo di due cose: rispetto per la natura e risparmio energetico.

Le case in legno rispettano la natura in quanto per la loro realizzazione vengono utilizzate meno risorse rispetto ad una casa in muratura. Sono ecocompatibili in quanto, sempre per la loro costruzione, viene prodotto un quantitativo inferiore di scarti di lavorazione. Le case in legno infine sono green in quanto, grazie all’alto isolamento termico prodotto dal legno il quantitativo di riscaldamento e raffrescamento diminuisce sensibilmente con un positivo effetto sulle emissioni di Co2.

Come appena detto grazie all’ottimo isolamento termico che caratterizza le strutture in legno, un’abitazione media sarà in grado di ridurre del 50% i costi per riscaldamento e climatizzazione, costi che attualmente ricoprono la metà delle spese di una casa italiana.

Se aggiungiamo a questi numeri il fatto che grazie al cosiddetto Decreto Rinnovabili i nuovi edifici sono obbligati all’installazione di impianti per l’autosufficienza energetica in grado di coprire almeno il 50% del fabbisogno energetico dell’edificio stesso, il risparmio è assicurato.

Palermo sommersa dai rifiuti: si apre un’inchiesta.

Dopo i numerosi disservizi che la Rap, l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti a Palermo, ha arrecato ai cittadini nei giorni immediatamente precedenti alle festività pasquali e che hanno reso poco vivibile la città durante le festività stesse, la procura di Palermo ha deciso di aprire un’inchiesta per interruzione di pubblico servizio. Di fatto, la città ha trascorso il periodo delle feste sommersa dai rifiuti, ma di chi sia stata la colpa risulta poco chiaro.

Qualche giorno fa c’è stato uno scontro diretto fra il sindaco di Palermo, Orlando, ed i sindacati interni della Rap. Questi ultimi hanno denunciato comportamenti reiterati di assenteismo e inefficienza da parte di numerosi spazzini e netturbini dell’azienda, indicendo scioperi nei giorni precedenti alla Pasqua che, a detta del sindaco Orlando, sarebbero direttamente responsabili di aver mandato in tilt il servizio di raccolta dei rifiuti per tutta la durata delle festività e di aver fatto “sprofondare la città nella spazzatura”.

In seguito a queste dichiarazioni, è stato aperto un fascicolo d’indagine ricognitiva, con un provvedimento firmato dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal procuratore capo Franco Lo Voi, che dovrà verificare la reale entità dei disservizi causati dalla società e la connessione con le vicende che riguardano le rivendicazioni sindacali all’interno dell’azienda, nonché lo scambio di battute fra sindacati ed il sindaco avvenuto negli articoli pubblicati online.

Come primo atto saranno convocati in procura il sindaco Orlando e il presidente della Rap, Marino, e si occuperanno dell’indagine il procuratore agginto Petralia ed il sostituto Bologna.

India: inquinamento alle stelle. Ma l’economia è più importante.

L’India negli ultimi anni è sempre più vicina ad imporsi come una delle maggiori potenze economiche del pianeta, ma il prezzo di questo sviluppo si sta facendo sentire pesantemente in termini di inquinamento atmosferico.

Nella classifica delle venti città più inquinate del mondo, più della metà sono proprio in India e i medici indiani descrivono un incremento evidente di patologie legate all’inquinamento ambientale. La situazione sta diventando critica, tanto che gli ospedali hanno raggiunto il sovraffollamento e, dichiarano gli esperti, in media ogni singolo cittadino ha ben 3 anni di vita in meno, a causa del forte inquinamento che colpisce il loro paese.

Ma la problematica ambientale non incide negativamente solo sulla salute della popolazione indiana e mondiale: sembra che solo lo scorso anno l’inquinamento abbia provocato in India la perdita di un terzo dei raccolti agricoli annuali fra cui il riso, elemento base della dieta indiana, nonché una delle principali merci d’esportazione del paese.

Gli Stati Uniti stanno spingendo da tempo il governo indiano affinché organizzi un programma di riduzione d’emissione di gas a effetto serra, programma che dovrà essere presentato alla conferenza sul clima che avrà luogo a Parigi entro la fine del 2015.

D’altro canto, però il governo indiano reputa lo sviluppo di un’economia pienamente competitiva a livello mondiale come una priorità assoluta e sembra disinteressarsi totalmente a quelle che sono le tematiche di sostenibilità ambientale, le quali gioco forza, rallenterebbero la crescita economica del paese. Sembrerebbe anzi che l’esecutivo abbia intenzione raddoppiare l’uso del carbone entro il prossimo quinquennio.

Rapporto ISTAT su popolazione e ambiente

L’ultimo rapporto ISTAT  sull’ambiente e l’inquinamento mette in rilievo le principali preoccupazioni degli italiani in tema di contaminazioni dell’ambiente. Due le criticità in evidenza: l’inquinamento atmosferico (52%) e lo smaltimento dei rifiuti (47% della popolazione).

A contrasto di tali fenomeni la diminuzione del parco veicoli e il ricorso, sempre più frequente, al car sharing e ad altri mezzi di mobilità alternativa (biciclette) con evidente miglioramento della situazione delle polveri sottili. Le autovetture Euro 4 o superiori e i motocicli Euro 3 sono rispettivamente il 53% e il 37,8% del parco veicoli circolanti nei capoluoghi di comune.  A contrasto dell’inquinamento atmosferico anche il verde urbano che, rileva l’ISTAT,  è aumentato dello 0,7% tra il 2012 e il 2013 passando a 32,2 mq per abitante e rappresentando il 2,7% dei territori urbani.

La produzione di rifiuti è diminuita nel 2013, rispetto al 2012, di 12,5 kg per abitante. I rifiuti per abitante  ammontano, nel 2013, a 491,3 kg. Il loro smaltimento avviene in discarica per il 36,9% del totale. Ancora una volta un dato in diminuzione rispetto al 2012. La raccolta differenziata vede un trend in costante crescita e ha riguardato nel 2013 il 42,3% dei rifiuti urbani con un incremento del 2,3% rispetto all’anno precedente. Notevoli le differenze percentuali nelle varie zone del paese: nel nord-est la percentuale è  del 58,8 del totale, in Sicilia sotto il 10 (rapporto Legambiente).

A destare preoccupazione, secondo il report, sono anche i cambiamenti climatici (47% della popolazione). Più evidente l’allarme nelle regioni recentemente interessate da catastrofi naturali (Liguria, Abruzzo, Molise, Sicilia) mentre, rispetto al passato, viene attenzionato con minor interesse sia l’effetto serra che il buco dell’ozono  (35%).

 L’ultimo rapporto ISTAT  sull’ambiente e l’inquinamento mette in rilievo le principali preoccupazioni degli italiani in tema di contaminazioni dell’ambiente. Due le criticità in evidenza: l’inquinamento atmosferico (52%) e lo smaltimento dei rifiuti (47% della popolazione).

A contrasto di tali fenomeni la diminuzione del parco veicoli e il ricorso, sempre più frequente, al car sharing e ad altri mezzi di mobilità alternativa (biciclette) con evidente miglioramento della situazione delle polveri sottili. Le autovetture Euro 4 o superiori e i motocicli Euro 3 sono rispettivamente il 53% e il 37,8% del parco veicoli circolanti nei capoluoghi di comune.  A contrasto dell’inquinamento atmosferico anche il verde urbano che, rileva l’ISTAT,  è aumentato dello 0,7% tra il 2012 e il 2013 passando a 32,2 mq per abitante e rappresentando il 2,7% dei territori urbani.

La produzione di rifiuti è diminuita nel 2013, rispetto al 2012, di 12,5 kg per abitante. I rifiuti per abitante  ammontano, nel 2013, a 491,3 kg. Il loro smaltimento avviene in discarica per il 36,9% del totale. Ancora una volta un dato in diminuzione rispetto al 2012. La raccolta differenziata vede un trend in costante crescita e ha riguardato nel 2013 il 42,3% dei rifiuti urbani con un incremento del 2,3% rispetto all’anno precedente. Notevoli le differenze percentuali nelle varie zone del paese: nel nord-est la percentuale è  del 58,8 del totale, in Sicilia sotto il 10 (rapporto Legambiente).

A destare preoccupazione, secondo il report, sono anche i cambiamenti climatici (47% della popolazione). Più evidente l’allarme nelle regioni recentemente interessate da catastrofi naturali (Liguria, Abruzzo, Molise, Sicilia) mentre, rispetto al passato, viene attenzionato con minor interesse sia l’effetto serra che il buco dell’ozono  (35%).

Delitti contro l’ambiente: ddl C 1814

La pena per i reati ambientali può essere sostanzialmente ridotta con il “ravvedimento operoso” (ddl 1814, art 452 octies) che prevede un abbassamento della pena comminata della metà o di due terzi qualora chi ha commesso il reato collabori attivamente ad evitare danni ulteriori e a ripristinare lo stato dell’ambiente per come era prima del suo deterioramento. Rileva il pressappochismo del legislatore che, compilando la norma, dà la possibilità a chi operi in danno ambientale, una sorta di scappatoia giuridico- dibattimentale in grado di salvarlo per il rotto della cuffia. Se la mancanza di certezza della pena è il vulnus del nostro sistema giuridico l’articolo in questione non contribuisce a ridimere l’eterna questione della certezza del diritto.

Ad un anno dall’approvazione della norma nell’aula della Camera le Commissioni riunite ambiente e giustizia del Senato restituiscono un testo che alimenta dubbi e perplessità in materia di “delitti contro l’ambiente”.   Se pare solida l’istituzione di una fattispecie di “delitto ambientale” non altrettanto chiara è la sua tutela penale. L’opera emendativa delle Commissioni ha senz’altro migliorato “punti critici” del testo legislativo producendone tuttavia altri. Determinare l’accertamento del reato ambientale tramite criteri sfumati sarà la fortuna di centinaia di avvocati e periti legando il giudizio ad una serie infinita di “se” e di “ma”.

Il richiamo al ripristino di una realtà “preesistente” al reato di inquinamento è, del pari, suscettibile di infinite interpretazioni. Poiché siamo in un paese già ampiamente compromesso a livello ambientale sarà impossibile stabilire quale fosse la realtà “preesistente” al reato commesso. La specifica delle proporzioni del reato ambientale a “porzioni estese o significative del suolo e del sottosuole” (art 452 bis) è parimenti suscettibile di interpretazioni e dubbi.

Legge sul disastro ambientale, 50mila firme

Una petizione che ha raccolto già 50mila sottoscrizioni per favorire la legge sul disastro ambientale. Dopo le assoluzioni nei processi relativi al caso Eternit e al caso Bussi, gli ambientalisti di tutta Italia hanno deciso di promuovere un’azione per fare sì che il disegno di legge che è attualmente fermo al Senato riceva una nuova spinta e venga finalmente approvato. In tutto sono una trentina le associazioni che, attraverso una petizione lanciata sul sito Change.org, hanno raccolto 50mila firme per chiedere che la legge venga approvata.

Lo scopo, secondo quanto riferito dalle stesse associazioni, è quello di porre una pietra miliare nella storia del contrasto alla criminalità ambientale, assicurando una tutela penale dell’ambiente e garantendo la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti investigativi necessari. A sostenere l’iniziativa sono, tra l’altro, organizzazioni di grande rilevanza come Legambiente, Gruppo Abele e Libera, ma le adesioni sono arrivate anche da Greenpeace, dal Fai, dal Forum sull’acqua, dalla Coldiretti, da Federambiente, da Medicina democratica, dalla rete Rifiuti 0, dall’Associazione esposti amianto e addirittura dal WWF.

Il problema, però, è che se la battaglia di principio procede a spron battuto, le cose non vanno così velocemente lì dove dovrebbero andare. Un’associazione di Taranto denominata Peacelink, tra l’altro, ha chiesto con un’altra petizione di bloccare tutto, parlando di una definizione troppo imprecisa – quella di danno ambientale – che rischia di non risolvere la situazione. Da fronteggiare, poi, c’è l’opposizione di un gigante come Confindustria, che si è schierata al fianco delle imprese e si è opposta alla nuova legge.

L’inquinamento sta finalmente diminuendo?

L’inquinamento in Italia sta finalmente calando? Questo è quel che si potrebbe dedurre dal rapporto Ispra 2014 dedicato alla Qualità dell’Ambiente Urbano, che ha preso in esame 73 capoluoghi di provincia in Italia e che conferma che i cittadini preferiscono il trasporto pubblico. In particolare, negli ultimi dodici anni nel settore dei trasporti su strada si riscontra un taglio del 50% delle emissioni di PM10, le classiche polveri sottili che in passato hanno rappresentato un vero e proprio spauracchio, obbligando gli amministratori locali a ordinare le domeniche a piedi.

Non solo: sempre nel periodo considerato, è stato registrato un calo del 63% delle emissioni prodotte in ambito industriale; ciò non toglie, in ogni caso, che le concentrazioni risultino ancora eccessivamente elevate. I cittadini intervistati, poi, hanno rivelato di preferire la provincia rispetto alla città e di avere intenzione di prediligere i mezzi pubblici; nelle aree urbane, tuttavia, l’auto personale ha ancora il primato.

Le emissioni di PM10 tra il 2000 e il 2012 sono diminuite progressivamente, e nel complesso si è assistito a un calo pari al 37%. Se, da un lato, il settore industriale e quello dei trasporti si sono contraddistinti per una forte riduzione, infatti, dall’altro lato il riscaldamento delle abitazioni private e degli uffici ha fatto salire le emissioni inquinanti addirittura del 47%. Una conferma di come debba essere fatta ancora molta informazione sulla questione: quanti sono gli uffici in cui il riscaldamento è acceso anche in primavera con le finestre aperte? La speranza è che la consapevolezza degli italiani aumenti.

Inquinamento: a Padova i cittadini respirano veleno per 10 giorni all’anno

Hanno fatto scalpore i recenti dati resi pubblici da Legambiente e snocciolati dal portavoce di Padova dell’Agenzia Lucio Passi.
Padova è infatti prossima ai 50 giorni di superamento del limite previsto dalla legge in termini di polveri sottili o PM 10(50 μg/m3), la stessa legge prevede anche un limite massimo di superamento della soglia pari a 35 giorni l’anno. 
Se a questo si sommano i dati relativi all’ Ozono che per legge è fissato ad un massimo di 120μg/m3 con un superamento di tale limite fissato in non più di 25 giorni l’anno, mentre Passi ci conferma che a Padova tale limite è stato superato per ben 41 giorni durante l’ultimo anno, si hanno i numeri dell‘impatto ambiantale che l’inquinamento sta portando alla cittadina veneta. Con contraccolpi sia sulla salute pubblica che sulle tasche dei cittadini.
Sul piano della salute infatti l’inquinamento ha un impatto ormai scientificamente provato, i PM10 provocano malattie cardiovascolari di vario genere, riducono la funzionalità polmonare ed aumentano l’incidenza di infezioni sui polmoni e sull’apparato respiratorio.
Molto meno conosciuto e spesso sottovalutato è invece l’enorme impatto economico che la pessima qualità dell’aria che respiriamo provoca, un contraccolpo questa volta apportato alla salute dei conti pubblici e quindi apprezzabile anche sulle tasche dei cittadini. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) infatti i gas serra prodotti in Italia dal 2008 al 2012 hanno avuto per la società un costo (considerato prudenziale) di circa 26 miliardi di Euro, considerando morti premature, giornate di lavoro perse, costi gravanti sul sistema sanitario nazionale etc… tornando alla realtà Padovana questo starebbe a significare un costo di circa 2 milioni di euro.
Non si intravedono segnali di miglioramento sempre secondo Passi, che sottolinea come l’amministrazione attuale stia smantellando corsie preferenziali e piste ciclabili ad assoluto vantaggio per il traffico automobilistico.

Rivoluzione green per le città italiane

La dicotomia ecologia – insediamento urbano sembra volgere al termine. A dircelo è un’indagine ISTAT dal titolo “Ambiente urbano: gestione eco compatibile e smartness” relativa ai capoluoghi di provincia e riferita all’anno 2013.
La più grande rivoluzione in tal senso si rileva in tema di mobilità urbana. I sistemi di car sharing sono ormai attivi in 22 città con oltre 1000 veicoli in circolazione, di cui circa un quarto elettrici ed un numero di iscritti che ormai supera i 25 mila utenti (+36% in un anno), oltre ad un bacino di potenziali utenti ancora tutto da esplorare. Sempre in tema di mobilità smart sono molte le città che offrono informazioni via web sui trasporti pubblici (52) utilizzano semafori intelligenti (33%) e dispongono di cartelli a messaggio variabile sulle principali direttrici urbane (56). Il Bel Paese traendo vantaggio dal suo clima temperato è anche attivo nei servizi di Bike Sharing con ben 10 mila biciclette in circolazione e oltre 1000 punti di prelievo, un’altro settore che fa segnare una crescita a due cifre rispetto all’anno precedente.
Da notare anche la proattività mostrata dalle città italiane in tema di sviluppo e produzione di energia elettrica. 105 comuni producono oggi in proprio energia di origine solare e fotovoltaica, 3 quelli che utilizzano energia eolica e 6 i comuni che producono energia da fonti idroelettriche.  
Passi avanti sono da rilevare anche in tema di gestione dei rifiuti urbani. In 101 comuni è infatti attiva la raccolta differenziata porta a porta mentre ben 105 sono i comuni che dispongono di isole ecologiche. Un’area tutta da sviluppare sembra invece ancora essere quella della distribuzione di acqua potabile.
Un polo di attrazione degli investimenti pubblici è invece quello dell’efficentamento della pubblica illuminazione con fonti luminose a LED, punti luce con regolazione del flusso luminoso.

ANIE Rinnovabili abbraccia CPEM

ANIE Rinnovabili è un progetto che raggruppa in sé, nell’ambito di ANIE Federazione, le aziende operanti nel settore delle energie rinnovabili, quali biomasse, mini idroelettrico, eolico, fotovoltaico e geotermie, al fine di favorire l’aggregazione e la rappresentanza unitaria, all’interno di Confindustria, di tali aziende.

Tale ente ha di recente abbracciato anche il Consorzio Produttori Energia Minieolico (CPEM), a dimostrazione del fatto che il gruppo è in costante crescita. Il presidente del CPEM, Carlo Buonfrate si è dichiarato molto soddisfatto della firma dell’accordo, esprimendo la convinzione che il settore eolico stesso ne uscirà molto rafforzato e con un sostegno più ampio. La tesi di Buonfrate è, inoltre, quella secondo la quale tale evento possa dare l’impulso per valorizzare il campo delle energie rinnovabili nella sua interezza.

Gli fa eco anche il Presidente di ANIE Rinnovabili, Emilio Cremona, secondo il quale l’accordo getta le basi per un futuro in cui le aziende italiane possano essere sempre più competitive anche all’estero, sfruttando lo slancio derivante dall’aggregazione. Cremona afferma infatti che: “L’accordo mira a sviluppare nuove sinergie, per consentire alle nostre imprese di competere sui mercati nazionali e internazionali e diventare attori, insieme a Confindustria, della politica di sviluppo del comparto delle rinnovabili nell’ambito di una più articolata Strategia Energetica Nazionale.”

A testimonianza dell’impegno nell’ambito dell’energia pulita, proprio la scorsa estate ANIE Rinnovabili, insieme ad Assorinnovabili, si era rivolta al Premier Matteo Renzi affinchè il Governo non abbandoni la Green Economy bloccando il decreto spalma-incentivi che, invece, la fermerebbe.