Delitti contro l’ambiente: ddl C 1814

La pena per i reati ambientali può essere sostanzialmente ridotta con il “ravvedimento operoso” (ddl 1814, art 452 octies) che prevede un abbassamento della pena comminata della metà o di due terzi qualora chi ha commesso il reato collabori attivamente ad evitare danni ulteriori e a ripristinare lo stato dell’ambiente per come era prima del suo deterioramento. Rileva il pressappochismo del legislatore che, compilando la norma, dà la possibilità a chi operi in danno ambientale, una sorta di scappatoia giuridico- dibattimentale in grado di salvarlo per il rotto della cuffia. Se la mancanza di certezza della pena è il vulnus del nostro sistema giuridico l’articolo in questione non contribuisce a ridimere l’eterna questione della certezza del diritto.

Ad un anno dall’approvazione della norma nell’aula della Camera le Commissioni riunite ambiente e giustizia del Senato restituiscono un testo che alimenta dubbi e perplessità in materia di “delitti contro l’ambiente”.   Se pare solida l’istituzione di una fattispecie di “delitto ambientale” non altrettanto chiara è la sua tutela penale. L’opera emendativa delle Commissioni ha senz’altro migliorato “punti critici” del testo legislativo producendone tuttavia altri. Determinare l’accertamento del reato ambientale tramite criteri sfumati sarà la fortuna di centinaia di avvocati e periti legando il giudizio ad una serie infinita di “se” e di “ma”.

Il richiamo al ripristino di una realtà “preesistente” al reato di inquinamento è, del pari, suscettibile di infinite interpretazioni. Poiché siamo in un paese già ampiamente compromesso a livello ambientale sarà impossibile stabilire quale fosse la realtà “preesistente” al reato commesso. La specifica delle proporzioni del reato ambientale a “porzioni estese o significative del suolo e del sottosuole” (art 452 bis) è parimenti suscettibile di interpretazioni e dubbi.

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